Quarantotto piazze mobilitate in 4 giorni per protestare contro la «tagliola» che ha affossato il ddl Zan al Senato. Ieri a Palermo il coordinamento del Pride cittadino ha avvisato: «Inopportuna qualunque presenza istituzionale in testa al corteo. Nella tutela dei nostri diritti siamo sole e soli, l’apertura del corteo è presidiata esclusivamente dal movimento Lgbtqia+. Ma la partecipazione di chiunque abbia un ruolo istituzionale è come sempre ben accolta». Il sindaco Leoluca Orlando nel pomeriggio ha aderito con la giunta alla manifestazione: «La bocciatura del ddl è un atto eversivo che viola i principi della Costituzione».

BOLOGNA si era già mobilitata in mattinata con il Rivoltapride, piazza Maggiore piena al grido di «Molto più di Zan»: «Siamo scesi in strada consapevoli che questa legge rappresentava il minimo di ciò che vogliamo, un primo passo verso una legge sull’autodeterminazione di genere». Il sindaco Matteo Lepore ha esposto la bandiera arcobaleno dal palazzo comunale. «Bologna deve dire qualcosa – ha dichiarato Porpora Marcasciano, consigliera comunale trans di Coalizione Civica -, siamo una spanna avanti ai palazzi romani».

A FIRENZE l’appuntamento era in piazza della Repubblica ma un gruppo nutrito di contestatori ha scelto il sit in davanti la sede di Italia Viva. Il presidente dell’associazione Love my way, Marco Filippini: «Iv non è l’unica responsabile ma è quella che più ha contribuito, tra i partiti non di destra, al fallimento a cui abbiamo assistito». Dal partito sono scesi il coordinatore cittadino, Francesco Grazzini, e Marco Ricci: le loro spiegazioni non hanno convinto i manifestanti che hanno replicato urlando «fascisti».

A Torino piazza Carignano gremita, anche in questo caso il neo sindaco si è schierato con le proteste A Udine mani alzate al grido di «vergogna». In mille a Cagliari dove è arrivato Alessandro Zan, che sta girando le città in risposta al voto del Senato. Anche qui si è urlato «vergogna» ma in sardo: «Bregungia. Con la sceneggiata in parlamento avete decretato la vostra fine». Manifestazioni anche a Bari e Caserta.

A NAPOLI l’appuntamento era nel pomeriggio. Tra gli attivisti Daniela Lourdes Falanga, prima donna trans a ricoprire la carica di presidente dell’Arcigay cittadina: figlia di un boss di Torre del Greco, da anni è impegnata in percorsi formativi nelle scuole per fermare la spirale di violenza contro le persone Lgbtqia+, violenza che spesso comincia proprio in famiglia. Lo scorso marzo Falanga ha seguito la vicenda di Maria Paola Gaglione, la ventenne del Parco Verde di Caivano uccisa dal fratello che non accettava la sua relazione con un ragazzo trans.

Allora dichiarò: «Se vogliamo capire cosa vuol dire che bisogna avere una legge contro l’omolesbobitrasfobia, questo è uno dei casi più espliciti». Ieri ha spiegato: «Il ddl Zan aveva tre punti importanti. La formazione: avere la possibilità negli enti di ogni ordine e grado di trattare l’argomento degli affetti, delle differenze sessuali, dell’identità di genere. Dava la possibilità a uno stato ancora retrogrado sul piano culturale, non laico, non pienamente democratico di poter preparare tutti, già da piccoli, sulle differenze e libertà individuali, per una crescita sana sul piano della socialità».

E POI GLI ENTI DI ACCOGLIENZA: «Sono pochissimi in Italia – sottolinea Falanga – a occuparsi delle persone Lgbtqia+ vittime di violenza, ostracismo sociale, di una cultura della negazione. Era anche l’occasione per fare chiarezza sull’identità di genere, il modo in cui ci percepiamo e come volgiamo che la società ci percepisca. Le persone trans sono più bersagliate, hanno problemi nei momenti importanti: quando vanno a votare, a scuola, in ospedale. Inoltre la legge ci avrebbe permesso di mettere l’attenzione sulla misoginia di uno stato patriarcale e machista che ostacola il protagonismo femminile, portare alla luce i diritti dei disabili».

LA DESTRA ripete che la violenza è già punita: «Paghiamo lo scotto di una lettura della Costituzione affidata a gruppi eteronormativi. La legge contro le violenze esiste, lo sappiamo. Il problema è che una persona trans o due gay vengono violati quando intercettati come tali. Urla e applausi in Senato danno giustificazioni agli ignoranti per incidere nelle vite degli altri. È una discussione violenta quella della destra, anche cattolica».

L’OSTRACISMO SOCIALE può diventare povertà: «Le persone trans, gay, non binarie – conclude Falanga – non trovano lavoro perché intercettate come tali, la ricerca di un’occupazione diventa assurda. Per fortuna sta cambiando l’approccio dei genitori. Nelle scuole incontro 6mila ragazzi l’anno, sono solidali con i compagni che fanno coming out. Quella dei partiti retrogradi è una politica fallimentare».